Caro Chima non è compito facile ricordarti, per molti motivi, ma soprattutto per una sorta di impotenza e assieme di rabbia che scaturiscono al pensiero del modo con cui te ne sei andato.
L'altra sera per la prima volta in tanti anni ho dovuto farmi molta forza per trovare il coraggio, che non avevo più, e venirti a dare l'ultimo saluto: che pena! E subito quando ti ho visto rinchiuso non ho guardato il tuo volto, ma le mani, quelle mani che per una Guida Alpina sono strumento basilare di lavoro. Le ho viste sottili, quasi fossero di cera è mi sono tornate in mente tante cose. In un attimo ti ho rivisto come tanti anni fa quando, dapprima un po' timidamente, hai cominciato a frequentare il Sasso Remenno provando le prime arrampicate. Quasi subito sei entrato a far parte del clan degli assidui e con impegno e allenamento in pochi anni sei riuscito a far progressi da gigante tanto da diventare molto bravo. Non ricordo bene, ma sicuramente in quei giorni abbiamo parlato a lungo della professione di Guida Alpina e date le tue capacità è anche probabile che ti abbia incoraggiato a tentare i corsi per diventarlo. La Val Masino stava perdendo la sua tradizione di Guide e tu potevi essere l'iniziatore di una nuova era. Ed è stato con tenacia e volontà di ferro che ti sei messo in testa di diventare professionista, al punto da dedicare alcuni inverni alla sola pratica dello sci per poter superare l'apposito e severissimo esame. Poi ci siamo un po' persi di vista, io sempre più fuori dalla valle, tu preso dai numerosi impegni; ma bene o male ho sempre saputo di te e di come la tua professionalità crescesse. Avevi scelto un lavoro molto difficile, ma lo facevi con passione e tanta voglia di far bene e di migliorare pure in mezzo alle tantissime difficoltà a cui la professione di Guida è esposta. Eh già Perché per molti le Guide sono le "puttane" dell'alpinismo e non persone a tal punto appassionate delle montagne e della vita libera che decidono di sacrificare moltissimo pur di perseguire la propria scelta. "Categoria non protetta" ci hanno definito, parola che ben definisce una condizione professionale che non può godere di alcun riconoscimento ufficiale e che pertanto viene costantemente scavalcata da dilettanti e "volontari" che, per quanto animati dalle migliori intenzioni, pur hanno già un loro lavoro. E tu andavi avanti, sempre disponibile per qualsiasi tipo di prestazione ti venisse richiesta; un giorno il Badile, poi un corso roccia con principianti e poi di nuovo su, scalando qualche difficile via con clienti più esigenti o sui sentieri con gruppi di escursionisti; e poi l'elisoccorso, l'attrezzatura o la segnalazione di qualche tratto di sentiero, la Grigna, Finale, lo sci alpinismo, le cascate di ghiaccio. Ti ho rivisto molto maturato e più sicuro quando assieme, scalando per un giorno, abbiamo avuto modo di parlare di nuovo un po' a lungo. Ti eri fatto un buon numero di clienti affezionati, operavi su tutto l'arco alpino, eri persino contento del lavoro di tecnico di elisoccorso che pur mal pagato e pericoloso costituiva un utile arrotondamento ai proventi della tua attività. Quel giorno abbiamo anche pensato ad un modo per sensibilizzare l'opinione pubblica e le amministrazioni sul problema della strada di Val di Mello in merito al quale avevamo le stesse idee. Poi ti ho rivisto l'altro giorno quando contentissimo mi hai chiesto alcune carte della Patagonia cilena poiché eri riuscito ad organizzare una spedizione con i tuoi clienti. Tutto è poi finito in un attimo e ti giuro che è difficile non pensare. Non pensare ad Anna e alle tue due bambine, ai tuoi genitori e ai tuoi sogni, ad una vita che si spezza come un cavo e al fatto che troppo spesso in questo sistema chi perde è quasi sempre il più debole, colui che non può permettersi il lusso di dire di no.